Il teologo gay e le parole che aiutano il fronte conservatore, di Massimo Franco
Sta succedendo esattamente quello che il Papa temeva: alcune minoranze della Chiesa tentano di ipotecare il prossimo Sinodo, polarizzando artificiosamente le posizioni.
Sta succedendo esattamente quello che il Papa temeva: alcune minoranze della Chiesa tentano di ipotecare il prossimo Sinodo, polarizzando artificiosamente le posizioni; e di radicalizzare una discussione che Francesco vorrebbe il più possibile unitaria. L’irritazione del Vaticano per l’intervista rilasciata al «Corriere» dal teologo polacco Krysztof Charamsa nasce da questa preoccupazione. Una polemica sull’omosessualità aperta in maniera così clamorosa e polemica significa di fatto oscurare il capolavoro diplomatico compiuto dal pontefice nell’ultimo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti; e schiacciare il Sinodo che comincia domani su temi non solo spinosi ma imposti in modo a dir poco irrituale. Negli Usa il Papa era riuscito a zigzagare tra le divisioni dell’episcopato e quelle tra repubblicani e democratici. Il risultato è stato un rafforzamento oggettivo del pontificato, perché la frontiera nordamericana si presentava come la più insidiosa: per i rapporti con le istituzioni laiche, e per quelle con un episcopato cattolico in maggioranza conservatore e ostile al presidente Barack Obama. Si tratta di un credito in termini di legittimazione internazionale e di ricompattamento tra papato e vescovi, da far pesare anche su un Sinodo preceduto da tensioni palpabili proprio sui temi della famiglia: dal matrimonio dei divorziati all’omosessualità.
Adesso, il rischio è che il caso Charamsa finisca per costringere Jorge Mario Bergoglio a seguire un’agenda imposta in qualche modo dall’esterno; e del tutto eccentrica rispetto al suo stile inclusivo e alla possibilità di pilotare il Sinodo verso una posizione condivisa, senza strappi. Non è detto che alla fine l’operazione non riesca. L’abilità di Bergoglio è riconosciuta in primo luogo dai suoi avversari. Ma per paradosso, la mossa del teologo della Congregazione per la dottrina della fede promette di dare forza e potere proprio alla componente più conservatrice. Esiste una sorta di «Internazionale tradizionalista» che da tempo non nasconde la propria inquietudine per le aperture papali su questi temi: sebbene siano concessioni che Francesco fa sul piano dei toni, non della sostanza dottrinale.
È il malumore riflesso dal libro di nove cardinali «ortodossi» pubblicato in coincidenza col Sinodo; e ben evidente nello scontro sui gay tra cattolici conservatori e progressisti. Ma è difficile che quanti vorrebbero un’apertura su questi temi riescano a convincere il grosso della Chiesa cattolica. È più probabile che provochino una reazione difensiva, e una severa presa di posizione di un pontefice costretto ad affrontare le spinte centrifughe delle ali estreme che strumentalizzano ogni sua parola. Sarà un Sinodo movimentato, perché tocca temi che dividono non solo la Chiesa ma l’Occidente; e che in continenti come Africa e Asia ricevono risposte radicali, con un richiamo perentorio alla fedeltà alla dottrina. Le parole del teologo polacco, probabilmente, non hanno aiutato la sua causa. Semmai, consentiranno al fronte conservatore di passare all’offensiva.
Il Corriere della sera, 4 ottobre 2015