Sardegna, nostra madre: Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata, custodita, perché è stato un prestito che loro hanno fatto a noi, di VINCENZO MIGALEDDU
“La terra, che è madre per tutti, chiede rispetto e non violenza o peggio ancora arroganza da padroni. Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata, custodita, perché è stato un prestito che loro hanno fatto a noi”. Ricorda ancora Papa Francesco “L’atteggiamento della custodia non è un impegno esclusivo dei cristiani, riguarda tutti”. Ma è per questo che i cristiani devono essere, una parte consapevole, tra i cittadini che si mobilitano e si impegnano con “tenerezza” in questa opera di custodia (de bàrdia) e cura (de cuntivìgiu) del proprio territorio come parte del Pianeta che ci ospita.
La natura non produce scarti o rifiuti, tutto rientra con equilibrio nei cicli delle natura stessa. L’uomo purtroppo si dibatte nelle contraddizioni del “paradosso dell’abbondanza” di chi ha troppo e di chi è escluso anche dall’accesso al cibo, sottoposto alle leggi di una economia “dell’esclusione e dell’inequità” dove anche l’uomo e la donna stessi possono essere marginalizzati e diventare essi stessi scarto, quando il ricatto del lavoro comporta il sacrificio della vita e della salute personale e di quella dei propri cari.
La Sardegna e i Sardi vivono a pieno le contraddizioni di questa economia che esclude e ci rende diseguali; si persegue in una politica industriale che è tesa a trasformare la Sardegna in una piattaforma energetica per progetti di sviluppo esterni all’isola e in centri di commercio, stoccaggio o smaltimento di merci, di fonti energetiche e di rifiuti prodotti altrove, anche mediante l’accaparramento delle migliori terre a preminente vocazione agricola, con la conseguente ulteriore marginalizzazione delle tradizionali attività agro-pastorali.
Le scelte del passato hanno fatto diventare scarto anche la terra; almeno un sesto del nostro territorio necessita di una preventiva ed efficace azione di bonifica, atta a contenere e a rimediare le ferite inferte a suolo, acqua del suolo e del sottosuolo e all’aria. Tutto ciò per fare in modo che la terra ci perdoni e non continui a punirci con elevati tassi di malattie e di morti premature. Si assiste invece a politiche che pongono le basi per un sostanziale disimpegno degli inquinatori dall’obbligo di bonifica.
In questo contesto si paventa per l’Isola e per i suoi abitanti un altro pericolo: l’essere scelti come sede del deposito unico delle scorie nucleari. Le scorie e gli scarti industriali persistono nell’ambiente e esercitano le loro azioni venefiche sugli esseri viventi, sull’uomo, sulla donna e soprattutto sui bambini, anche nella loro vita intra uterina, per tempi misurabili in lustri. Le scorie nucleari possono esercitare questi effetti per tempi geologici misurabili in decine e centinaia di miglia di anni.
Destano inquietudine alcuni dati dichiarati dall’ ISPRA (organo tecnico del Ministero dell’ambiente e la SOGIN, società di Stato incaricata per la messa in sicurezza) relativi al progetto di messa in sicurezza. I rifiuti nucleari ad alta intensità che rappresentano il 95% della
radioattività per l’ISPRA sono 1770 mc in tutto; la SOGIN ne conteggia 15.200: in pratica, tra pregressi (al 31.12.2012) e futuri, una quantità dieci volte maggiore rispetto a quella dichiarata da ISPRA. Dobbiamo riflettere perché l’ “idolatria del denaro” non debba inquinare tale operazione di messa in sicurezza.
Coloro che sono chiamati ad amministrare la cosa pubblica devono rispondere all’esortazione di Papa Francesco. “(…) siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della vita”. “La dignità della persona umana e il bene comune” non devono essere dimenticati anche in questo “finis terrae” di Sardegna.
Vincenzo Migaleddu, www.isde.it
Sassari 18 3 2015