Le urla inutili sui migranti, di Ernesto Galli della Loggia
Quando impreca contro l’«invasione» la Destra italiana sembra fare di tutto per dimostrare il suo vuoto politico. Prima di impartire lezioni così aspre la Chiesa dovrebbe invece essere sicura di avere sempre evitato calcoli e silenzi prudenti.
Quando impreca contro «l’invasione degli immigrati» la Destra italiana sembra fare di tutto per dimostrare che la sua cifra essenziale resta il vuoto politico, l’inesistenza di idee e di programmi. A cui essa supplisce con appelli all’emotività, con il dar voce crudamente a «ciò che pensa la gente». Il che può anche essere giusto, ma cessa completamente di esserlo quando poi ci si guarda bene — come essa per l’appunto si guarda bene — dall’offrire ai sentimenti e alle opinioni suddetti la minima soluzione sensata, qualunque sbocco che non sia un no cieco, il chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Che cosa propone di fare Matteo Salvini, ad esempio, quando l’Sos di una zattera di disperati semisommersa dalle onde arriva a un nostro centro radio? Ce lo dica: in concreto non a chiacchiere, che cosa si dovrebbe fare? Lasciarli affogare e chiuderla lì? Magari speronarli per fare prima? E una volta raccolti dove li si porta? «Indietro»: indietro dove? Sulle coste libiche che sono terra di nessuno? per sbarcare sulle quali ci vuole un’operazione militare in piena regola, magari da replicare dieci volte a settimana ? È questo che propone Salvini?
Anche l’altra panacea sempre evocata dal capo leghista e dai suoi — «aiutarli a casa loro» — sembra alquanto nebulosa. I migranti arrivano da territori vastissimi, alcuni in stato di guerra. Che cosa si suggerisce di fare? Di dare alcuni milioni di euro ai più truci governi e poteri locali perché ci facciano il piacere di trattenerli? Di impiantare (così, senza essere invitati?) in quelle immense contrade (dal Corno d’Africa al Golfo di Guinea: milioni di chilometri quadrati) uno, due, cento Centri di qualcosa per cercare di dissuadere chi se ne vuole andare dal farlo?
Ma come, concretamente? Servendosi di quali e quanti mezzi? Un tale balbettio non vede coinvolta però solo la Destra leghista e parte di Forza Italia. Sul tema dell’immigrazione Beppe Grillo, infatti, pensa e parla esattamente come Salvini. Quel balbettio esprime dunque una più vasta diseducazione politica di una parte importante del Paese. Che non ama soffermarsi a riflettere su alcun problema in termini di soluzioni possibili, di modi realistici per attenuarne le conseguenze negative, ma la fa sempre facile, proponendo rimedi immaginari che esistono solo nella sua testa. E ogni volta sembra interessato solo a trovare un nemico contro cui scagliarsi.
È un’idea della politica autoreferenziale, ciecamente legata a quello che essa crede il proprio tornaconto, interessata solo alle contrapposizioni plateali. Quella politica, per l’appunto, che ha autorizzato il segretario della Conferenze episcopale italiana, monsignor Galantino, a definirne gli esponenti «piazzisti da quattro soldi che pur di raccattare voti dicono cose straordinariamente insulse». Vero. Ma forse per impartire lezioni così aspre bisognerebbe anche essere assolutamente sicuri di parlare in nome di un’ispirazione e di una prassi politiche del tutto scevre di calcoli e di silenzi prudenti, improntate solo alla verità e all’equità. In specie su un tema come quello dell’immigrazione, che per sua natura vede in gioco una molteplicità di cause e di attori, e quindi di responsabilità. E invece mi sembra di non aver mai sentito una coscienza pur necessariamente universale, come quella cui dà voce monsignor Galantino, esprimersi sul conto dei governi dei Paesi africani, ad esempio, con lo stesso piglio ultimativo, con lo stesso tono moralmente deprecatorio usati ogni giorno nei confronti dei governi dei Paesi europei. Eppure, se da un punto di vista cattolico questi ultimi appaiono colpevoli di uno scarso spirito di accoglienza, non hanno forse molte colpe e responsabilità anche i governi dei Paesi africani da cui proviene una così larga massa degli immigrati ?
Si tratta troppo spesso di governi nelle mani di personalità inadeguate, di cricche tribali, di militari violenti e guerrafondai, tutti di solito volti ad arricchirsi mettendo le mani su ogni risorsa possibile a cominciare dagli aiuti internazionali, del tutto disinteressati a migliorare le condizioni dei propri cittadini, perlopiù oppressive e violente talora in modo inaudito.
Credo bene che ci sia chi voglia o debba fuggire via! Ma se è così, non crede forse monsignor Galantino che governi del genere meritino una rampogna aspra e insistita perlomeno analoga a quella riservata ai governi, ai politici e alle opinioni pubbliche occidentali? Una rampogna che però, come dicevo, non mi sembra di avere mai udita.
Cercare di mettere la discussione sul terreno delle cose da fare, delle misure concrete e possibili, delle ragionevoli strategie di medio e lungo periodo da adottare: questo è ciò che a proposito del fenomeno migratorio ci serve. Unicamente e urgentemente questo. La Grecia insegna che i voti acquistati con la demagogia sono voti avvelenati. Ma neppure bastano i precetti morali, sia pure i più nobili, a governare le difficili cose di questo mondo.
Il Corriere della sera, 12 agosto 2015