LA SCIENZIATA E AMBIENTALISTA INDIANA VANDANA SHIVA IN SARDEGNA, di Federico Francioni

Nei prossimi giorni, settimane, mesi, anni, potremo concretamente verificare se l’incontro con Vandana Shiva – avvenuto martedì 28 luglio presso il Nuraghe Losa di Abbasanta – potrà rappresentare per la Sardegna il momento e l’inizio di una svolta autentica sul piano socioculturale e politico. È davvero importante che sia così, che ognuno di noi si senta responsabilmente impegnato in questa direzione. L’iniziativa è stata promossa da Isde-Medici per l’ambiente ed in particolare dal medico radiologo Vincenzo Migaleddu, da anni in prima fila.

Sardegna come piccola Nigeria. Vandana proveniva da un faticoso viaggio in Nigeria: il Delta del Niger è un’area che è stata letteralmente massacrata dalle grandi società petrolifere, dalla Shell alla Texaco, oggi Chevron (si veda in proposito Buen vivir. Per una nuova democrazia della Terra, un ben documentato libro dell’economista ed ambientalista Giuseppe De Marzo). Queste compagnie non esitano ad armare le mani di sicari per eliminare gli oppositori. Fra i crimini dei colossi del petrolio occorre annoverare anche quelli dell’Eni che molti vorrebbero trattenere in Sardegna. La nostra isola, in fondo, è una “little Nigeria”, come ha sostenuto nella sua relazione la stessa Shiva.

Il saccheggio continua. Il sistema economico oggi dominante, ha affermato Vandana, si fonda, oggi più che mai, sul saccheggio delle risorse, sullo sfruttamento delle popolazioni, soprattutto del Terzo Mondo, sul degrado della natura. Viviamo in una dimensione post-coloniale, si può aggiungere a quanto detto dalla scienziata indiana, in cui si avvertono gli sviluppi e gli esiti del colonialismo storico. I conflitti militari per lo stretto controllo dei territori sono indispensabili per tale sistema, come le guerre in Somalia, Iraq e Libia dimostrano ampiamente. Per questo tipo di impero è essenziale inoltre avere a disposizione oligarchie politiche sempre più sottomesse e corrotte; i Parlamenti risultano subalterni a determinati disegni della banca, della finanza internazionale, delle corporation; ciò conduce all’impoverimento della democrazia, alla minaccia di svolte autoritarie, che non avvengono con modalità eclatanti, ma lentamente, giorno dopo giorno.

Nel secondo dopoguerra, con campagne di stampa più o meno mirate, con le visioni del mondo delineate sul piano massmediatico, col supporto di intellettuali asserviti, è stato imposto l’abbandono della terra, un urbanesimo sempre più alienante e portatore di degrado ambientale (si pensi, fra l’altro, ai dati che il già citato De Marzo e Federico Rampini hanno riportato su Città del Messico e sulle megalopoli cinesi). Allo stesso tempo l’agricoltura soggiace a nuove logiche; specifici esempi sono stati delineati dalla stessa Vandana: in California l’allevamento delle api – in cui è impegnata manodopera messicana ridotta ad uno stato pressoché schiavile – richiede il trasporto, da una parte all’altra del paese, degli insetti, minacciati di sterminio dall’uso massiccio dei pesticidi (si ricordi in proposito che lo stesso presidente Obama è stato costretto a lanciare un allarme sul futuro dell’apicoltura statunitense).

 

Necessità di una decisa lotta antimonopolistica. Pungenti e ben documentate anche le parole di Vandana sull’allevamento degli animali, macellati su larga scala: tornano alla memoria le pagine del teatro di Bertolt Brecht su Santa Giovanna dei Macelli (ambientato a Chicago) e le quasi apocalittiche descrizioni di Jeremy Rifkin nel suo libro Ecocidio. Ma, conclude al riguardo Vandana, non dimentichiamo che il 75% del cibo prodotto nel mondo proviene pur sempre da piccole aziende: ecco un grande insegnamento per la Sardegna che non può continuare a genuflettersi, ad accogliere servilmente col cappello in mano i grandi monopoli, ma deve dare spazio alla sua vocazione per le piccole strutture; e ciò non solo e non tanto perché “piccolo è bello”, ma anche e soprattutto in chiave antimonopolistica (altrimenti non potremo disporre neanche di uno straccio di autonomia, figuriamoci poi dell’irrinunciabile diritto all’autodeterminazione!).

L’economia che Vandana ha polemicamente definito come “lineare”, cioè cumulativa – che “prende” dalle risorse della natura, restituendole rifiuti altamente tossici – costruisce immani fortune per pochi, lasciando ai farmers solo le briciole, introiti ridicoli. Vandana l’ha constatato inequivocabilmente in India, dove si producevano patatine fritte per la Pepsi-Cola: ai produttori andava, sì e no, lo 0,5 % dei ricavi. Pepsi, Coca-Cola e McDonald hanno sempre manifestato intenti distruttivi verso l’economia indiana (e non solo): ancora una volta l’appassionata denuncia di Vandana non si ferma a quello che si vorrebbe definire – e liquidare – come generico antiamericanismo, ma richiama l’esempio di una località del suo paese quasi abbandonata, dove la Coca-Cola è arrivata ad estrarre tanta acqua al punto di creare notevoli problemi ad una zona pur sottopopolata. Le donne, giorno dopo giorno, sono state costrette ad allontanarsi sempre più dalle loro case per trovare sorgenti e fonti d’acqua cui approvvigionarsi. Non dimentichiamo che per ogni litro di Coca-Cola occorrono 10 litri di acqua, estratta con cadmio e metalli pesanti, rilasciati poi nell’ambiente. In definitiva, ha detto efficacemente Vandana, coloro che ingollano Coca-Cola non fanno altro che succhiare il sangue dei poveri. La speranza tuttavia non deve andare perduta: in nome dell’acqua come Bene Comune, le lotte hanno infine costretto questo colosso a chiudere i battenti. Una grande vittoria!

 

Opposizione al sistema dei brevetti. Nell’ispirato discorso di Vandana non poteva mancare la polemica contro gli Ogm, la Monsanto e tutti coloro che vogliono imporre ai contadini, ovviamente a pagamento, sementi brevettate, cariche di germi tossici (davvero impressionante, per la vastità della documentazione, il libro della scienziata indiana, Il mondo del cibo sotto brevetto. Controllare le sementi per governare i popoli, Milano, 2002-2015, in particolare le pp. 5-13 e 49-60). In tal modo è stato inferto un duro colpo alle filiere agricole tradizionali: circa 300.000 contadini indiani, dopo aver contratto debiti e dopo cattivi raccolti, si sono suicidati. Monsanto, imperterrita, cerca di condizionare il Congresso statunitense e le istituzioni rappresentative di tutti i continenti per impedire leggi sulle etichettature, in grado di garantire il consumatore sulla genuinità dei prodotti e sull’assenza di Ogm. Negli Stati Uniti, dove, fra l’altro, il problema dell’obesità diventa sempre più allarmante, cresce il numero dei bambini colpiti da malattie all’intestino, che si buca e che gocciola, così come aumenta il numero di coloro che contraggono l’Alzheimer per problemi e squilibri nel rapporto fra intestino, apparato digerente e sistema nervoso. Anche il numero di bambini autistici risulta in crescita.

Un altro messaggio di speranza è però venuto da Vandana quando ha ricordato la coraggiosa ribellione verificatasi nella regione himalaiana dov’è nata. Di fronte alla minaccia di un abbattimento massiccio degli alberi, uomini e donne si sono schierati, si sono opposti, hanno abbracciato gli alberi ed hanno vinto infine la loro battaglia, impedendo così la distruzione del patrimonio boschivo.

 

L’alternativa. Infine, ha sostenuto Vandana, occorre costruire, dal basso, un’economia alternativa a quella “lineare”: si rende cioè indispensabile una sistema – da lei definito “circolare” – imperniato sull’agricoltura, sul suolo, sul ricevere le risorse dalla Madre Terra, che si accompagni ad un restituirle, certamente non sotto forma di immondezza; il rispetto della pelle del pianeta diventa allora essenziale per creare un rapporto paritario fra questo e l’uomo, abbandonando cioè il folle tentativo prometeico, maschilista, di signoreggiare sulla Terra, di sottometterla, anzi, diciamo pure, di stuprarla.

I pastori sardi, ha concluso Vandana, pur conoscitori della terra e dei suoi prodotti, sono stati qualificati come “barbari”dai ceti dominanti e da tutti coloro che hanno contribuito all’assoggettamento dell’isola. Ebbene, ella ha detto, contro i guasti provocati dall’economia “lineare” non possiamo che definirci “barbari”, gloriandocene!

 

Il problema della salute. In sintonia con la visione scientifica, filosofico-politica ed etica di Vandana, la relazione di Migaleddu ha affrontato il problema della salute, che non comporta solo la liberazione da singole infermità, che non dipende solo da una più efficiente organizzazione della sanità pubblica e delle Asl, che non è solo il risultato di prestazioni amministrative, per quanto virtuose. L’istruzione, per esempio, è un fattore fondamentale per il mantenimento della salute ed un soddisfacente livello di benessere fisico. I medici devono occuparsi di salute globale che dipende da una sostenibilità di tipo ambientale ed anche sociale.

Nell’aprile del 2015 l’Oms, con l’Ocse, ha reso noti dei dati davvero allarmanti sulla crescita annuale dei morti per inquinamento in Europa, con relativo, esponenziale aumento delle spese sanitarie. Migaleddu ha confermato di essere in sintonia con la critica di Vandana all’economia “lineare” e con il processo di costruzione di un’economia alternativa, “circolare”. La cosiddetta “chimica verde” di Eni e Matrìca, che piace tanto a quasi tutto il ceto dirigente politico regionale, non è “circolare”: ciò appare tanto più evidente quanto più si delinea il pericolo che la centrale a biomasse sia alimentata non dalla monocoltura dei cardi (che pure si voleva imporre nella Nurra ed altrove), ma dal fok, importato da Priolo.

Nella storia sarda dell’Ottocento l’emblema di un’economia “lineare” è stato rappresentato specialmente dall’impresa mineraria spoliatrice delle risorse del sottosuolo; nel secondo dopoguerra una visione presunta “modernizzatrice” ha portato allo svuotamento delle campagne, agli insediamenti petrolchimici e chimici, da Porto Torres al centro dell’isola, con risultati che si cerca di minimizzare. Se si fa riferimento alla legge 152 del 2006 ed ai Sin, Siti di interesse nazionale, alla perimetrazione dei Comuni ed al numero degli abitanti, circa 445.000 ettari in Sardegna risultano sottoposti ad inquinamento ed a rischi per la salute, contro i 335.000 della Campania.

Le politiche adottate dall’Eni, dalla Saras, nella centrale di Fiumesanto sono state oggetto delle dure e circostanziate critiche di Migaleddu, che non ha risparmiato i governi italiani e lo stesso esecutivo regionale. Anziché dare 200 milioni di euro all’Alcoa, sarebbe più conveniente ed opportuno suddividere i fondi fra i singoli operai. Anche nei gruppi dirigenti sindacali si levano voci subalterne, succubi, complici, che inveiscono contro determinate denunce degli ambientalisti, definite “allarmistiche” e “terroristiche”. Ovviamente certi esponenti sindacali si guardano bene dal fare i conti con cifre e dati precisi, riguardanti la salute dei sardi. Prima del posto di lavoro viene la salvaguardia della salute, la vita stessa dei lavoratori!

Lo studio “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità ha presentato un report fondato su almeno tre piattaforme d’indagine. Se si fa riferimento al Sulcis-Iglesiente-Guspinese – e se si comprende anche la zona di Sarroch – si nota un eccesso di mortalità per patologie dell’apparato respiratorio e malformazioni nei neonati i quali presentano maggiori possibilità di ammalarsi rispetto alla media di altri bambini sardi. Manca tuttavia il Registro tumori, di cui invece disponiamo per Sassari-Porto Torres (147.000 abitanti), dove si rileva un eccesso di tumori in rapporto ad altre aree isolane. Il report di “Sentieri”, che si riferisce agli anni 2002-2010, contiene dati inquietanti: l’inquinamento non crea solo carcinomi, ma contribuisce all’insorgenza di patologie cardiache e cerebro-vascolari. Le donne risultano più colpite degli uomini.

Migaleddu si è soffermato anche sulla sciagurata politica energetica delle trivellazioni; bisogna invece puntare sulle rinnovabili ed occorre rivalutare il settore idroelettrico che, con l’acqua – considerata Bene Comune – può entrare in un sistema economico virtuoso, per l’appunto, “circolare”.

 

Sardigna terra bia. A conclusione dell’incontro di Abbasanta è stata presentata la qualificante piattaforma “Sardigna terra bia”, illustrata in particolare da Ester Satta e da Mariangela Barca, sindache rispettivamente di  Olzai e di Sarule. Su questo importante documento sarà indispensabile tornare.

 

 

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