“Il Partito Sardo D’Azione ha ancora ragione di esistere?”, di Giovanni Columbu, segretario del Psd’Az
Il segretario sardista interviene nel dibattito innestato nel giornale sassarese, La Nuova Sardegna (6, 7, 10 giugno), dagli articoli di Carla Puligheddu e da Manlio Brigaglia, qui sotto riportati.
Ringrazio Carla Puligheddu e Chilone Chilonide, alias Manlio Brigaglia, per aver posto su questo giornale la seguente domanda: “Il Partito Sardo D’Azione ha ancora ragione di esistere?”. La mia risposta è no, se il Partito Sardo non avesse la possibilità di rinnovarsi, se restasse afflitto com’è da una grave carenza di democrazia e assorbito dalla ricerca di alleati, ora a sinistra ora a destra, a cui cedere attestati di sardismo, fino alla consumazione della propria credibilità. Una condizione, è evidente, utile solo a pochi e del tutto priva di futuro. Ma poiché la possibilità di cambiamento c’è e ritengo che sia concreta, la mia risposta è che il PsdAz ha ancora molte ragioni di esistere. Per la prima volta la libertà sempre rivendicata di privilegiare l’azione e i programmi, piuttosto che gli schieramenti, oggi risulta superata assieme alle incertezze a cui questa libertà era esposta. L’area delle formazioni politiche sardiste, indipendentiste e sovraniste, ha assunto una così vasta estensione, circa il 30 per cento, da poter legittimamente aspirare al prossimo governo della Sardegna in una posizione non più subalterna o gregaria. A queste forze si aggiungono i tanti cittadini che nelle ultime elezioni hanno respinto la mediazione dei partiti italiani e si sono rappresentati direttamente attraverso le liste civiche. La prospettiva che si offre al PsdAz e a tutte le formazioni politiche di area sardista è dunque del tutto nuova: fare prevalere le ragioni comuni e unirsi. Via difficile, certamente, ma da cui può dipendere il futuro della Sardegna. La prima condizione affinché possa essere percorsa è che il Partito Sardo trasformi se stesso. Occorre che si ricostituisca negli ideali e nei principi morali, che si apra ai fermenti della società e della cultura e che rinnovi radicalmente la propria organizzazione. Con la modesta dotazione di un computer e un video proiettore le numerose sezioni sardiste possono trasformarsi in “postazioni” interconnesse e dare luogo a quella comunicazione orizzontale e illimitata che tutti oggi si attendono. In ogni sezione della Sardegna e del mondo sarà possibile condividere ogni incontro e ogni evento ovunque questo si realizzi, con beneficio per la trasparenza e il confronto. Ma soprattutto occorre riformulare un progetto politico coerente, che riguardi l’economia nell’era della globalizzazione, il governo del territorio, il credito, i trasporti e i tanti problemi che bruciano sulla pelle dei sardi. Su come affrontare questi problemi, alcuni nuovi e altri di sempre e mai risolti, ci sono idee o intuizioni innovative che attendono di essere approfondite e tradotte in obiettivi e programmi. Non basterà agitare lo slogan dell’indipendenza. La necessaria rivendicazione di ulteriori poteri deve accompagnarsi all’impiego di quel potere che nessuna legge può darci né toglierci e di cui già disponiamo: immaginare il futuro, descriverlo, elaborare le idee che costituiscono il primo fondamento di ogni trasformazione. Per questo occorre promuovere commissioni di studio e interpellare le migliori intelligenze. Un lavoro a cui possono concorrere anche le amministrazioni locali, perché ogni comunità, anche la più piccola, si proietta in uno scenario più ampio e può suggerire soluzioni di interesse per tutti. Quanto alla cultura, a cui la politica deve prestare la massima attenzione, non dovremo mai tendere all’egemonia, al condizionamento, al possesso. Dobbiamo invece sostenere l’arte e la cultura solo perché crediamo nell’arte e nella cultura. L’apporto che in cambio del nostro sostegno gli uomini di cultura daranno a noi, alla nostra causa, alla politica e alla società, è quello che liberamente faranno con il loro lavoro. Anche in questa scelta sta la nostra ragione di esistere. *Segretario del Partito Sardo d’Azione
Abbiamo l’obbligo morale di avviare una riflessione perché dal regionalismo si passi ad un europeismo concreto, il solco identitario non è un limite
Prima, ben prima dei soliti necessari ma devianti discorsi sulle giuste o sbagliate modalità di operare; prima dei dibattiti su controverse questioni etiche; viene la necessità di prepararsi a varcare la soglia della Libertà. Viene dunque l’inderogabile verifica politica, personale, del senso di appartenenza responsabile al Partito Sardo d’Azione e della fedeltà all’ideale non all’idolo. Vengono le sue certezze costruite da una lunga storia e insieme le sue oscurità; viene la crisi da cui sembra insidiato il Partito; viene la possibilità di sostenere che non esistono opinioni, ma esiste ancora la validità di un progetto politico. Pertanto, il tempo è opportuno per avvalersi della disponibilità di un segretario, colto di sardismo ma distaccato dalle scadute e lacerate politiche di gestione, allo scopo di saggiare il problema delle radici. Personalmente non mi interessa un segretario nazionale, come alcuni lo vorrebbero, ridotto a velina di un presidente, garante di un sistema soffocante, superato dalla modernità dei tempi, ripetitore di conformismi che non condivido e che non mi appartengono. Mi interessa invece sondare, attraverso la sua azione, fino a che punto sono salde le fondamenta del Sardismo nella società sarda e se sarà possibile aggregare le anime sparse qua e la, di quel preziosissimo deposito politico, culturale, umano; intorno ad una grande convergenza che dia centralità alla nostra specifica identità. In quest’ottica, inoltre, mi interessa una semplice e terribile domanda: il P.S.d’Az. ha oggi ancora ragione di esistere? Oppure è da mettere sullo sfondo come una sorta di ornamento, seppure di nobile tradizione culturale, di orientamento socio-politico, di scuola di pensiero e non invece valorizzare l’ attualissima prospettiva di vita e di governo per il Popolo Sardo ? E ancora, la fede sardista basata sull’idea di Indipendenza è valida oggi come ieri? Direi che le risposte potrebbero arrivare da un dibattito a braccia aperte, anzi spalancate verso i cittadini della Sardegna, perché il PSd’Az. dovrà, in un auspicabile Manifesto Politico di unificazione, essere “garante” e custode davanti al Popolo Sardo nel cui nome si spiega e si giustifica l’idea di Indipendenza. Il Partito Sardo ha pertanto oggi, l’obbligo morale e la responsabilità civile di aprirsi per annunciare un messaggio Universale, capace di approdare oltre i consueti recinti della politica, in una dimensione popolare che dal regionalismo passi ad un europeismo più concreto. L’espansione del solco identitario, non è un limite ma un’avanguardia nel panorama politico mondiale e il fenomeno Sardo è sotto gli occhi di tutti. Riguarda innanzitutto la diffusione di una coscienza in passato quasi inesistente, la nuova capacità progettuale giovanile, l’emancipazione delle donne sarde, l’impeto verso il futuro, l’esigenza di aggregazione, la capacità di guardare avanti da donne e uomini Liberi e non subordinati, con l’ardore e la sicurezza tipici della giovinezza. Dibattere quindi oggi su altre questioni è fuorviante, sembra non volere affrontare la dimensione e la profondità del tema di rinnovamento proposto dal segretario Giovanni Columbu. Sia dunque ben chiaro che davanti alla prospettiva di cambiamento appena avviata dal segretario, mostrano una volta di più, la loro totale inadeguatezza, il loro aspetto deviante, schemi come “destra e sinistra” . L’Indipendenza della Sardegna non ha nulla a che fare con simili angustie politiche che costituiscono purtroppo il solo metro di misura delle maggioranze dei governi regionali della Sardegna, condannati così, senza spesso neppure sospettarlo, a nulla comprendere ahimè, delle dinamiche profonde di un Popolo. Le gabbie delle sempre mutevoli e improbabili ideologie sono infatti lontanissime dall’ideale di Libertà Sardista che pervade in maniera virale la popolazione, specie quella che, in occasione dei più recenti appuntamenti elettorali si è astenuta. Chi esclude ciò dalle sue analisi, esclude quella che per me è un’evidenza tangibile. Fortza Paris * Presidente dell’Associazione delle Donne Sardiste
Carla puligheddu
La nuova sardegna 7 giugno 2015-06-07 Vorrei provare, con molta modestia, a rispondere alla domanda che la signora Carla Puligheddu, presidente dell’Associazione delle Donne sardiste, poneva ieri mattina sulla “Nuova” con una lettera cui è stato dato icasticamente il titolo: “Ma il Partito sardo d’Azione ha ancora ragione di esistere?”. Detto subito, per parte mia la risposta è sì, ma è anche no. Dico sì perché il Partito ha alle spalle quasi cento anni di storia: l’opuscoletto “Per l’Autonomia!”, siglato Y.K., cioè Umberto Cao, uscì nel maggio 1918, ed è considerato l’incunabolo dell’espressione formale di ogni sardismo. E in questi cento anni è stato, pure nelle alternanze di posizioni, qualche volta persino incomprensibili e qualche altra incredibilmente capace di mescolare le sacre rivendicazioni identitarie del nostro Popolo con gli egoismi capitalistici delle Leghe padane di turno, è stato – dicevo – il luogo di raccolta di ogni legittima rivendicazione della Sardegna nei confronti del governo centrale e, più ancora, dello stesso Stato italiano. E dico anche di no, se si tratta di un Partito così “liquido” da poter essere tutto riassunto, come fa la signora Puligheddu, in una sola parola d’ordine, “Indipendentismo” (scritto anche con la maiuscola, forse per non confonderlo con chissà quali altri indipendentismi). Questo è l’ideale del partito, e potrebbe anche bastare, ma un partito politico deve avere anche un programma, cioè una serie di proposte operative praticamente in tutti i campi in cui uno Stato si trova ad operare. Non farò alla signora Carla e neppure ad un uomo intelligente e onesto come Giovanni Columbu il torto di pensare che la presenza ossessiva della unica parola d’ordine e l’assenza altrettanto assordante del programma servano proprio a legittimare il va-e-vieni delle idee (e dei comportamenti) dei Partiti sardi d’azione che abbiamo conosciuto attraverso gli anni. È con questa richiesta di maggiore concretezza, di un pragmatismo che può e deve accompagnare l’idealismo di fondo, che vorrei sentire anche la parola dello stesso Columbu. E scusate se mi firmo con uno pseudonimo “sardista”, ben famoso negli esaltanti anni dell’immediato dopoguerra. Chilone Chilonide Nuoro * * * La domanda è fondamentale, la risposta ha comunque un suo senso. Per questo le abbiamo lasciato quasi tutto lo spazio disponibile, sperando che interessi oltre che Lei anche qualche altro cittadino sardo.