Scorie, Sardegna nella lista. E l’Anci mobilita i sindaci

L’elenco è già sul tavolo dei ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. E dopo «gli approfondimenti» chiesti a Sogin dal Governo lo scorso aprile, anche in questo secondo giro di ritocchi, cancellazioni e nuovi ingressi la Sardegna, terra per nulla sismica e senza vulcani, resta in cima alla lista dei siti più adatti a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. La riserva verrà sciolta il 15 giugno, termine di scadenza dei sessanta giorni accordati alla società di Stato (ramo Enel) che si occupa dello smantellamento delle centrali nucleari per la verifica di una corretta applicazione dei criteri di scelta indicati dall’Ispra, l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale. Intanto nell’Isola ci si prepara alla battaglia. E mentre i comitati contro il nucleare organizzano per domenica prossima una giornata di protesta, l’Associazione dei comuni mobilita tutti i sindaci. A naso, non c’è proprio aria di possibili aperture al confronto, né di eventuali concessioni al dialogo. Il Governo, infatti – alla ricerca di autocandidature dei territori ad accogliere la discarica – adotterà la linea del consenso sventolando la promessa dei posti di lavoro (400 per la costruzione dell’impianto e poi a regime), dei tagli sulla bolletta elettrica per i residenti, e delle infrastrutture pronte a beneficio della comunità. Dopo la pubblicazione della lista dei territori prescelti (che non saranno singoli comuni ma un perimetro che racchiude più centri), comincerà la cosiddetta fase del confronto pubblico, l’iter delle tavole rotonde, dei dibattiti, dei seminari con i quali il Governo spera di smussare le rimostranze, rintuzzare le polemiche e anestetizzare il dissenso. Quattro mesi in tutto, e a ben vedere sarà una lunga estate calda. «Non c’è nulla di deciso e non esiste un territorio più adatto di un altro. La Sardegna – aveva detto lo scorso aprile il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti in visita a Cagliari – ha due problemi in più: il trasporto e il rifiuto totale della popolazione di cui, come Governo, non possiamo non tenere conto». Il ministro ha detto queste parole, ma era circondato dai manifestanti e aveva già parlato col governatore Francesco Pigliaru che gli ha ribadito il no dell’Isola all’ennesima servitù. All’inizio dell’autunno, conclusa la fase dei dibattiti, si terrà una conferenza nazionale per raccogliere eventuali candidature dei territori che vogliono ospitare il deposito unico delle scorie. Se nessuno alzerà il ditino, allora deciderà il Governo. Il cerchietto rosso sulla carta geografica dovrà essere tracciato entro l’inizio del prossimo anno. Tempi stretti, visto che l’Europa impone all’Italia di riprendersi in casa i rifiuti radioattivi più pericolosi (spediti in Francia e in Inghilterra) e di trattare in un unico sito anche quelli a bassa e media intensità custoditi nelle centrali nucleari dismesse dopo il referendum del 1987. Intanto si profila all’orizzonte uno dei più grossi appalti dei prossimi anni, con un investimento di almeno due miliardi e mezzo di euro. Il deposito delle scorie nucleari sarà una struttura di cemento armato costruita in superficie, con un parco tecnologico che occuperà un’area di 150 ettari. Un affare da capogiro.

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I Comuni dell’Isola protestano contro il nucleare. L’ipotesi che la Sardegna rientri nell’elenco dei siti per il deposito delle scorie preoccupa l’Anci Sardegna che parteciperà, domenica prossima, al NoNucle-Die. L’associazione dei Comuni ha raccolto l’invito del Comitato Nonucle-Noscorie che ha aperto il fronte del “no” a istituzioni e Chiesa. Gli organizzatori hanno chiesto un atto simbolico che si traduce nell’esposizione delle bandiere contro il nucleare nelle sedi istituzionali. Un invito raccolto dal presidente dell’Anci Sardegna Piersandro Scano che ha chiesto ai sindaci di aderire all’iniziativa, nelle forme che ognuno riterrà opportune. Critico, invece, il coordinatore regionale di Forza Italia, Ugo Cappellacci, convinto che sulla questione scorie nucleari sia calato il silenzio. L’ex presidente della Regione sostiene che la Giunta, dopo il no (unanime) del Consiglio regionale alle scorie nucleari, «non abbia fatto nulla, tentando di rimediare, poi, con una letterina firmata da un assessore, nemmeno dal presidente». Cappellacci invita l’esecutivo a far valere la giurisprudenza costituzionale: «Se c’è il dissenso di una Regione il Governo non può agire liberamente». Infine arriva l’invito al presidente Pigliaru perché «si svegli e contesti ogni atto del provvedimento: per una volta scelga la bandiera dei sardi e non quella dei capibastone».

L’UNIONE SARDA, 04.06.2015

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