La convivenza coi musulmani? Solo in un caso … , di Angelo Panebianco

E’ possibile a patto che, forzando il loro credo, loro accettino di tenere distinte dimensione religiosa e dimensione secolare. Ma così facendo rischiano.

Fino a qualche decennio fa, era lecito essere ignoranti in materia di islam. Oggi non più.

Ciò che passa sotto il nome di “risveglio islamico” ha cambiato tutto: la rivoluzione khomeinista del 1979 che diede vita in Iran al primo Stato islamico sciita, i movimenti jihadisti sunniti che si fecero le ossa trasformando i propri adepti in combattenti esperti al tempo dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, gli attentati dell’11 settembre 2001 e tutto ciò che ne è seguito.

Oggi, non è possibile comprendere quasi nulla di quanto accade in alcune delle aree più calde del pianeta, dal cosiddetto Grande Medio Oriente all’ Africa sub-sahariana se, contestualmente, non ci si sforza anche di padroneggiare intellettualmente le diverse correnti ideologiche che attraversano il frammentato mondo islamico.

E, per effetto dell’immigrazione musulmana in Europa, non è nemmeno possibile ragionare sul futuro delle società europee senza tenere conto dei rapporti, presenti e futuri, fra la minoranza islamica e l’Europa cristiana e se­colare.

A questo proposito, segnalo ai lettori quella che mi sembra la guida più completa e utile sul pensiero politico islamico e sulle varie correnti ideologiche che si confronta­no in quel mondo: il volume, edito dal Muli­no, Islam e politica di Massimo Campanini.

Se si leggono gli specialisti, come Campa­nini, non solo si comprende quanto vivace, ricco e complesso sia il pensiero politico islamico ma si trova anche la conferma del perché sia così difficile organizzare la convivenza fra islamici e non islamici. Non parlo ovviamente dei jihadisti, combattenti in nome e per conto dell’islamismo radicale. Parlo di quella parte, maggioritaria, che

non prende le armi e rifugge dalla violen­za. Come si fa ad assicurare condizioni di convivenza non fondate sull’equivoco fra gli occidentali che (credenti o non credenti) hanno accettato di tenere il più possibile separato il sacro e il profano, la religione e la vita secolare, e comunità che fanno di Dio la fonte della legge e del governo l’esecutore della sua volontà (con varie conseguenze, ivi compresa quella che legittima la disugua­glianza formale fra uomini e donne)? Ap­pare evidente che la convivenza è possibile solo in un caso: se i musulmani, forzando il loro credo, accettano di tenere il più possibile distinte, non mescolate, dimensio­ne religiosa e dimensione secolare. Ma se lo fanno, si espongono all’accusa, da parte degli islamisti radicali e dei tradizionalisti, di essere dei falsi musulmani, corrotti dal contatto con l’aborrito mondo occidentale. Non se ne esce facilmente. Fronteggiare l’islamismo radicale, quello che usa le armi, richiede una combinazione di virtù civiche e militari, di capacità politiche e di capacità belliche. Difficile, certo, ma non impossibile. In linea di principio, a1meno, si può elaborare una sensata linea d’azione

e di difesa. Come far convivere e cooperare fra loro quelli che separano e quelli che non separano religione e politica, sacro e profano, è invece un enigma di cui nessuno, al momento, ha in tasca la soluzione.

da  SETTE,  settimanale de Il corriere della sera, n° 21 del 22 maggio 2015.

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