“Abolite l’ora legale, sconvolge i nostri ritmi”: l’appello degli scienziati, di SILVIA BENCIVELLI

Un gruppo di cronobiologi scrive al Parlamento europeo: lo stress cronico sarebbe uno dei costi pesanti in termini di salute. Da La repubblica 29 marzo 2015.



 

UN INTERO continente che sposta le lancette avanti di un’ora – come è avvenuto stanotte – è un intero continente che mette a rischio la propria salute. È il monito di un gruppo di esperti di ritmi biologici, che rivolgono un appello al Parlamento europeo, chiedendo l’abolizione dell’ora legale. Si tratta di un orario artificiale, spiegano, a cui il nostro organismo non può in nessun modo adattarsi. E le conseguenze possono durare fino a sette mesi, cioè fino al momento del ritorno all’ora solare. Il documento presentato in Europa è stato stilato dagli esperti della European society for biological rithms (Esbr) e ha un titolo eloquente: “Evidence-based approach to evaluating Daylight Saving Time (DST): The relevance to our Biological Clock”, cioè “Una valutazione dell’ora legale basata sulle prove: l’influenza sul nostro orologio biologico”. Ma non contiene niente di davvero nuovo. O meglio, contiene i risultati delle ricerche scientifiche di anni, ormai acquisiti pacificamente dalla comunità scientifica.

Per esempio spiega che i ritmi dei nostri orologi biologici dipendono dai nostri geni, perciò sono strettamente personali: così tra noi ci sono i cosiddetti gufi, cioè quelli che vanno a letto tardi, le allodole, che vanno a dormire presto e cominciano presto la giornata, e un sacco di gente che si posiziona nel mezzo, ma ciascuna a modo suo. Però la nostra vita sociale deve necessariamente sincronizzarci tutti, per permetterci di convivere al lavoro, nelle città, con la vita collettiva, e in questo modo finisce per forzare qualcuno, imponendogli ritmi che non sono i suoi.

Nasce così il jet lag sociale. Cioè, spiega Rodolfo Costa, presidente dell’Associazione Genetica Italiana (AGI) e direttore del Laboratorio di Neurogenetica e Cronobiologia dell’Università di Padova nonché tra gli estensori del documento, “la misura di quanto forzi i tuoi ritmi quando vai a lavorare. Che tecnicamente si misura come la differenza tra il punto medio del sonno di quando sei libero di dormire quanto il tuo corpo richiede e il punto medio del sonno di quando hai orari imposti dall’esterno”.

Insomma, è il motivo per cui mettiamo la sveglia, come l’80% di chi abita nei paesi industrializzati. Ma il jet lag sociale, alla lunga, diventa anche uno stress cronico per il nostro organismo: “è associato al consumo di nicotina, alcol, caffeina, così come al sovrappeso, alla sindrome metabolica e alla depressione”, si legge nel documento dei cronobiologi europei. Non solo, ha effetti ben misurati nei giorni e nelle settimane successive allo spostamento della lancetta, come l’aumento del rischio di incidenti e di problemi cardiovascolari. Effetti che durano finché dura il jet lag, e che non si recuperano certo nel weekend. Questo accade per una ragione molto semplice: “il nostro organismo si regola coi ritmi naturali del giorno e della notte, non con quelli artificiali della sveglia  -  prosegue Costa  -  come succede a tutti gli organismi viventi”. L’ora legale, perciò, aggiunge un’altra ora al jet lag sociale. E lo peggiora, soprattutto a danno dei gufi.

Tutto questo ha anche dei costi sanitari, tali quasi da vanificare il risparmio dovuto alla riduzione dei consumi energetici che ha giustificato l’introduzione dell’ora solare. Gli esperti europei lo calcolano nell’1% del Pil dei paesi del continente, cioè in 131 miliardi di euro. Cioè, riassume Costa, “da domenica e per sette mesi ci saranno delle morti in più, legate al jet lag sociale e all’ora legale”. Sarebbe il caso di cominciare a calcolarle.

 

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