La Sardegna non è obbligata a fare una legge uguale a quella Delrio, ma deve ispirarsi allo Statuto Speciale e salvare un patrimonio dei cittadini, di ROBERTO DERIU

L’articolo è stato pubblicato su ‘La Nuova Sardegna’ il 17 marzo 2015.

“Come finisce la vicenda delle Province?”Me lo chiedono per strada, in ascensore, nei convegni, in consiglio regionale. È diventato uno dei misteri sardi più impenetrabili; un caso, un dossier. Insieme ad un altro: perchè lo chiedete a me? In materia sono stato per anni il politico meno ascoltato: si è fatto sempre il contrario di quello che dicevo io. Oggi che la confusione è massima, si sono arresi: chiediamo a quello là, peggio di così non può andare. Allora vi dico subito che per affrontare il problema dobbiamo iniziare a dire quelle scomode verità che sinora sono state tenute nascoste al Popolo, mentre lo si lusingava e blandiva chiamandolo pomposamente Sovrano, e in realtà ingannandolo. 1) Non è vero che le Province non facessero e non facciano niente 2) Non è vero che si possano chiudere con un tratto di penna o premendo un pulsante 3) Non è vero che la Sardegna sia pronta per il cambiamento richiesto in Italia dalla legge Delrio. Partendo da queste tre verità ne possiamo affrontare altre: il Consiglio regionale non è obbligato a fare una legge uguale alla Delrio, ma alla Delrio deve ispirare una riforma secondo i principi della Delrio e dello Statuto Speciale, secondo le esigenze della Sardegna; le Amministrazioni provinciali sono state lasciate dalla giunta Cappellacci senza alcun indirizzo, come una macchina pacheggiata per anni in strada, a deperire nella delegittimazione e nell’incuria, come se nella crisi la Sardegna potesse permettersi di tenere bloccato un pezzo di apparato pubblico; lo Stato sta portando via ogni anno soldi (50, 55 e quest’anno 60 milioni) che i contribuenti versano per le Province (Rc auto) e la Regione non ha detto nè ahi nè bai (anche se a Cappellacci scrissi una circostanziata lettera per avvertirlo). La Giunta Pigliaru ha finalmente dato una svolta positiva: ha provveduto a scongiurare il fallimento degli Enti dovuto non alla cattiva gestione ma ai tagli statali, attraverso numerosi provvedimenti finanziari, anche se non in Finanziaria; ha formulato la prima articolata proposta di riforma redatta dall’assessore Erriu; ha finalmente ristabilito il principio che, finchè la riforma non è compiuta, la macchina pubblica nei territori va amministrata e salvaguardata, perchè patrimonio dei cittadini, non svenduta con frettolosi commissariamenti, contro lo spirito della stessa legge Delrio. Ora bisogna farla, la riforma. E dev’essere rispettosa della Costituzione, dello Statuto e delle Leggi. Ma soprattutto, nel curare il pubblico interesse, deve interpretare con profondità e lungimiranza il sentimento costituzionale dei Sardi, il loro sentirsi popolo unito ma non massa indifferenziata, il loro vivere in un vasto territorio ricco di particolarità e di storia, di storie. Perchè la “storia” delle Province non finisce, ma prosegue e si confonde con quella dell’Isola, perchè la Sardegna è vasta e varia; perchè sul suo territorio convissero, nei secoli, quattro stati sovrani, i Giudicati; sette Città regie; una miriade di feudi, di istituzioni distrettuali e territoriali, e, in tempi più recenti, un sistema di autonomie che ha articolato il governo locale plasmando la coscienza del Popolo sardo e la sua autorappresentazione, la sua identità. In conclusione: la materia non è solo per scienziati dell’amministrazione o per ingegneri gestionali; servirà da parte del legislatore regionale una sapiente lettura della società, un mirabile riconoscimento dei valori comunitari. Perchè otterremo rispetto per la Repubblica, per le sue Istituzioni, per il bene comune, se nelle parole della Legge risuonerà lo spirito della Nazione. La Nazione sarda.

 

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