Monserrato: Domenica 10 settembre 1922, un episodio di antifascismo sardista, di Marco Sini

Tratto da “Antifascisti, Partigiani, Deportati. Appunti di storie monserratine” di Marco Sini.

C’è un episodio avvenuto a Monserrato ai primi di settembre del 1922 e che è raccontato da Emilio Lussu nel libro “Marcia su Roma e dintorni”.

In breve, cosa successe Domenica 10 settembre del 1922 a Monserrato? In quel periodo, fine agosto primi di settembre del 1922, i fascisti erano soliti sfilare a Cagliari e a Pirri vestiti da combattimento in camicia nera e con i manganelli. Era anche un periodo, basta leggere i titoli dei giornali dell’epoca, nel quale in ogni parte d’Italia erano all’ordine del giorno gli scontri tra i primi nuclei di fascisti organizzati in squadre munite di manganelli per bastonare gli avversari politici da un lato, e dall’altro i militanti socialisti e comunisti, e, in Sardegna, i militanti del Partito Sardo d’Azione, numericamente i più organizzati.

Poiché a Monserrato i fascisti erano pochissimi e le loro posizioni non avevano consenso tra i giovani e la popolazione, una delle prime domeniche di settembre, un gruppo di fascisti venne da Cagliari insieme a giovani e meno giovani militanti del Partito Nazionalista, che due anni dopo, alle elezioni politiche, parteciperà al listone fascista e confluirà subito dopo nel PNF.

I “nazionalisti” con le camicie azzurre, gagliardetti ed altro armamentario, erano a Monserrato domenica 10 Settembre 1922 per la inaugurazione della sezione del Partito Nazionalista e si riunirono presso il cinema Moderno capeggiati dall’Avvocato Alberto Cocco Ortu, che ne era il presidente provinciale di Cagliari. Secondo le testimonianze orali conosciute a Monserrato, e secondo la ricostruzione che ne fece Emilio Lussu, i nazionalisti ed il piccolo gruppo di fascisti sfilò nelle vie di Monserrato provocando i giovani sardisti e le centinaia di cittadini che erano in piazza. Tra i due gruppi contrapposti si sviluppò un scontro violento e a seguito di ciò il gruppo dei nazionalisti e dei fascisti fu sonoramente cacciato fuori dalla reazione dei giovani sardisti.

Scrive Emilio Lussu in “Marcia su Roma e dintorni” che: “Non paghi del successo in città (Cagliari n.d.r.), un’altra domenica fecero incursione a Monserrato, comune vicino. Inquadrati per tre traversarono le vie principali, cantando inni offensivi per gli avversari politici. Il contegno guerriero, i manganelli e gli inni irritavano la popolazione e ne nacque un tumulto. I fascisti furono accerchiati e malmenati. Per caso io arrivai in auto mentre dalla mischia si levavano urli e strepiti. Il capo fascista, al centro della zuffa, si era arrampicato ad un fanale e agitando il berretto gridava: -Aiuto! Aiuto! – Attorno la folla fremeva e urlava, infuriata. Io potei intervenire e mi sforzai d’indurre alla calma i contendenti, ma per quanto fossi conosciuto, stentai lungamente a sottrarre i fascisti da quella difficile situazione. Io stesso, facendo opera da paciere, riportai parecchie contusioni non tutte leggere. Finalmente, riuscii a liberare i fascisti. Questi si composero con saggezza, si fecero disarmare dai manganelli, indi, inquadrati, raggiunsero la stazione. Preoccupato che potessero sorgere altri scontri, nelle stazioni intermedie, io viaggiai nello stesso treno”. Proseguendo nel racconto, Lussu scrive che per quella disfatta “il risentimento nel campo fascista fu  vivacissimo. Non uscirono più armati di manganello, non fecero più parate in camicia nera e non cantarono più inni offensivi. La vita cittadina riprese l’aspetto tranquillo di prima. Ma il fuoco s’alimentava sotto la cenere”.

L’episodio era stato descritto anche da L’Unione Sarda di martedì 12 Settembre, nella cronaca di Cagliari. Per avere un’idea di quale era la linea editoriale de L’Unione Sarda nel settembre del 1922, propongo il titolo dell’editoriale, non firmato ma attribuito al giovane e agguerrito direttore Francesco Caput, del numero del 1 settembre: “Perché siamo fascisti”. L’Unione Sarda era di proprietà dell’Avv. Sorcinelli che era anche il presidente della Associazione degli Industriali di Cagliari.

Tutto ciò ad un mese dalla marcia su Roma e prima ancora che, subito dopo quella marcia, il Re affidasse a Mussolini l’incarico di formare il governo, aprendo di fatto la strada al ventennio del regime fascista in Italia. Occorre tener presente che i Sorcinelli e i Caput appartenevano a quelli che furono definiti i fascisti della “prima ora” che annoveravano gli squadristi più violenti e facinorosi. Sull’avvocato Sorcinelli e sulla sua espulsione dal partito fascista per indegnità torneremo più avanti. Ma anche la sorte di Francesco Caput come direttore de L’Unione è segnata dal fatto che apparteneva ai “fascisti della prima ora” e sarà sostituito alla direzione del giornale da Paolo Pili, uno degli ispiratori e guida dei cosi detti “sardo fascisti”, i sardisti che confluiranno nel PNF nel 1923 e 1924.

E’ in questo clima, ed in obbedienza e coerenza alla linea editoriale del giornale, col titolo “perché siamo fascisti”, che L’Unione diede una versione dei fatti accaduti a Monserrato in termini diametralmente opposti al racconto fatto da Lussu e ad una successiva intervista dello stesso Lussu di cui tratteremo più avanti.

Tutto l’articolo de L’Unione è teso a dimostrare che i nazionalisti e i fascisti sono stati aggrediti dai giovani sardisti monserratini, anzi scrive, rasentando il ridicolo, che “i giovani sardisti facinorosi, cui va addebitata la responsabilità degli incidenti, erano prevalentemente cagliaritani e venuti dagli altri paesi”. L’articolista de L’Unione riconosce però che “L’on. Lussu si è prodigato per pacificare gli animi” anche se poi chiosa che comunque l’ha fatto in ritardo.

Nell’articolo de L’Unione, in premessa, è scritto che quella domenica mattina a Monserrato malauguratamente c’era stata una coincidenza di due avvenimenti: una conferenza dei sardisti e una conferenza dell’Associazione Nazionalista che doveva inaugurare la locale sezione di Monserrato. La conferenza dei nazionalisti, scrive l’articolista de L’Unione: “si stava tenendo presso il Cinema Moderno ed a un certo punto è arrivata una colonna di sardisti che si rovesciò contro una delle porte del locale ove erano solo un paio di giovani nazionalisti. Le falangi sardiste si slanciarono contro i nazionalisti, che si erano mossi in difesa di un loro compagno ferito, malmenandoli e anche calpestandoli. I nazionalisti rimasero sconcertati ma non per questo si abbandonarono ad atti violenti, limitandosi soltanto a difendersi contro la turba preponderante che ripeteva canti a mo’ di provocazione davanti alla porta del cinema”.

Comunque, sottolinea ancora l’articolista, “ma al ben tristo giuoco i nazionalisti e fascisti non si lasceranno mai trascinare” – e conclude- “notiamo con soddisfazione il contegno sereno e dignitoso conservato dai fascisti, nonostante la designazione (sich!) contro di essi fatta dal PSd’Az.”.

Infine, in risposta ad una affermazione dell’On. Lussu contenuta nell’articolo del Solco, quotidiano sardista, apparsa il giorno prima, segue una precisazione dell’Associazione nazionalistica: “Smentiamo che l’Avv. Cocco Ortu abbia espresso un ringraziamento all’On. Lussu per il suo intervento pacificatore poiché il suddetto avv. Cocco Ortu non si trovava sul tram di ritorno dove era anche l’On. Lussu, ma era nell’ospedaletto di Monserrato per essere curato e sottoposto alle medicazioni del caso, e rientrò circa un’ora dopo quel tram, con un calesse insieme agli altri feriti”. Già perché c’erano i feriti a causa degli incidenti! Di loro L’Unione riporta i nomi: Avv. Alberto Cocco Ortu, ferita lacero contusa alla regione frontale superiore; Frongia Michele, di Antonio, di anni 20 di Isili; Perria Enrico di Enrico; Cicotti Palmerio di Giuseppe; Marturano; Usai. Tutti medicati all’ospedaletto di Monserrato dal Dottor Picciau di Monserrato e giudicati guaribili in 10 giorni”. Curiosamente nessuno di questi feriti è di Monserrato.

L’articolo si conclude raccontando del ritorno a Cagliari dei reduci degli incidenti di Monserrato perché si era sparsa la voce e “tutti si fecero attorno ai feriti con viva commozione e stigmatizzazione dei dolosi avvenimenti. Si formava subito un corteo di nazionalisti e di fascisti affratellati in un unico pulpito, tra canti patriottici e le acclamazioni della cittadinanza passando in via Roma e recandosi presso la sede dell’Associazione dei nazionalisti”.

Anche due giorni dopo, il 14 Settembre, L’Unione tornò sull’argomento pubblicando una lettera di Antonio Nurchis, un industriale che era il presidente del Partito fascista cagliaritano, dal titolo “L’onorevole non perda le staffe”, con chiaro riferimento ad Emilio Lussu che nel frattempo aveva rilasciato una intervista al Solco, quotidiano sardista. In sintesi Nurchis invita l’On. Lussu a rinnovare l’esempio di Monserrato perché ciò sarà tanto di guadagnato per i fascisti che rafforzeranno le loro file. “Continui pure a far assalire dai suoi scagnozzi i nostri 20 giovani inermi ignari della bassezza d’animo di certa gente. Continui pure a falsare la verità…ecc.”. Insomma Nurchis riconosce e dichiara che i fascisti le hanno prese!

Il 15 Settembre in un articolo di fondo del direttore de L’Unione Francesco Caput, dedicato alla politica nazionale ed al contrasto tra fascisti e sardisti, in un passaggio si attacca direttamente Lussu “per i fatti di Monserrato” che, a suo dire, “non avrebbero meritato tanti commenti, che comunque non ci riguardano, e l’On. Lussu avrebbe fatto bene a non inveire contro i fascisti per distinguerli dai nazionalisti “seri” che egli intende accarezzare”.

Gli incidenti di Monserrato, oltre ad essere raccontati nel  libro di Emilio Lussu “Marcia su Roma e dintorni”, che fu stampato e pubblicato all’estero una decina di anni dopo, nel 1933, sono commentati dallo stesso Lussu, che nel maggio del 1921 era stato eletto nel Parlamento nazionale per il PSD’Az, anche in una intervista rilasciata al “Il Solco”, organo del Partito Sardo d’Azione, il 13 Settembre del 1922, il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo de L’Unione  richiamato precedentemente.

Con questa intervista Lussu intendeva sicuramente fornire una versione degli avvenimenti che smentisse la ricostruzione fatta da L’Unione Sarda con i correlati commenti che abbiamo ricordato prima, e, nel contempo lanciare un messaggio di pacificazione attribuendosi il ruolo di chi ha fatto da paciere.

Invece il direttore de L’Unione Sarda continuava ad indicarlo come “chi ha fomentato gli animi”.  L’intervista al Solco fu ripresa anche dal Messaggero di Roma, tramite il giornalista dottor Augusto Costa che vi aveva assistito, perché i fatti accaduti a Monserrato divennero un caso nazionale.

Nella intervista a Lussu il giornalista del Solco spiega in premessa che “dopo gli incidenti avvenuti a Monserrato ci siamo recati presso l’On. Lussu per avere dalla sua autorevole persona, notizie esatte sugli avvenimenti, che nei pour parler cittadini oscillavano, in un vertiginoso saliscendi di esagerazioni contraddittorie”. Il giornalista ci informa che “l’On. Lussu, pur sofferente per una abbastanza grave contusione alla regione lombo-renale sinistra, avuta nell’episodio di Monserrato, ci ha ricevuto, lieto di potere colla sua parola ricostruire i fatti nella loro giusta essenza”.

Lussu racconta che quel sabato aveva un impegno in un altro paese del cagliaritano ma alle 14 non aveva preso il treno per recarvisi e pertanto aveva deciso, a sera inoltrata, che si sarebbe recato a Monserrato perché invitato dai giovani del Circolo giovanile sardista che avevano programmato una conferenza per la costituzione definitiva del circolo.

Precisa anche che il presidente del circolo giovanile, di cui non fa il nome ma che potrebbe essere Giuseppe Zuddas, venne a prenderlo a casa e insieme si recarono alla stazione per venire a Monserrato. Lussu era accompagnato anche dall’allora giovanissimo Titino Melis che gli faceva da “segretario volontario”.

Fu solo allora che si rese conto del fatto che “nazionalisti” con le loro divise si stavano recando a Monserrato. Lussu ricorda che quando arrivò a Monserrato: “ci recammo alla sezione dei combattenti e provvedemmo ad avvertire il sindaco e gli amici della nostra presenza” e precisa anche che i giovani sardisti erano tranquilli e sereni e che fu solo quando i fascisti iniziarono a cantare i loro inni offensivi e provocatori contro la bandiera dei quattro mori che ebbero inizio i tafferugli e lo scontro tra i due gruppi.

Comunque, tentando di sminuire la portata degli “incidenti”, probabilmente a fini politici nazionali dato che la notizia degli scontri era arrivata dappertutto, Lussu spiega che lui fece da paciere con i suoi, cosa peraltro riconosciuta anche nell’articolo de L’Unione sarda per evitare un vero e proprio linciaggio che si stava profilando da parte dei giovani monserratini nei confronti dei fascisti venuti da fuori. Lussu fa anche presente che in questa opera di “contenimento” fu “coadiuvato dall’avvocato Cocco Petrone, che mi fu costantemente vicino, dal sindaco Francesco Nonnoi, che pur sofferente subito accorse e dal vice sindaco signor Francesco Sarigu e da quanti dei nostri che seppero mantenere la calma in momenti così tragici”.

Per dire del clima acceso e di scontro e per la grande risonanza che l’episodio aveva avuto, Lussu sente l’esigenza, dopo soli due giorni dall’intervista al Solco, ripresa dal Messaggero di Roma, di ritornare sull’episodio di Monserrato in un articolo di pochi giorni dopo, pubblicato ancora sul Solco, e intitolato “Moderazione?” che inizia così “L’elettricità sorta dal piccolo episodio di Monserrato – imprevisto, non voluto – è il termometro della situazione isolana”. L’articolo prosegue con un attacco ai fascisti e con l’avvertimento che a violenza si risponderà con violenza: “Ma a violenza, violenza, mille volte violenza! E’ umana, legittima difesa!”.

Il giorno il 13 Settembre era uscito un altro articolo, scritto da Lussu, intitolato “Ancora sui fatti di Monserrato” nel quale polemizza con la ricostruzione fatta da L’Unione Sarda che scriveva che “i canti dei sardisti si ripetevano davanti alla porta del cinema a mo’ di provocazione”.

In effetti i fascisti  erano riuniti dentro il cinema Moderno di Via Cugia e Lussu ripropone la versione data nell’intervista del giorno prima e cioè che i fascisti “ hanno sfilato in brillante tenuta di combattimento, davanti al numeroso gruppo del nostro partito, cantando il loro inno col ritornello offensivo “ai quattro mori” e quanto la provocazione fosse esageratamente intempestiva, in un paese ove la maggioranza della popolazione è del nostro Partito e la stessa Amministrazione comunale è nostra”.

Quindi Monserrato è riconosciuto come centro antifascista, sia sul piano politico sia sul piano amministrativo comunale, che balza agli onori della cronaca politica regionale ed anche nazionale dopo i fatti accaduti il 10 Settembre del 1922 che rappresentarono una cocente sconfitta dei fascisti cagliaritani. Questi, come scrive Lussu, “approdarono a più miti consigli e per un bel po’ se ne stettero tranquilli e senza sfilare con i manganelli”.

Come già detto, insieme a Lussu quel giorno a Monserrato c’era Titino Melis. Ho estrapolato da uno scritto di Salvatore Cubeddu una precisazione fatta dallo stesso Melis nella quale afferma: “Conobbi Lussu, del quale allora (quando non si era pagati ma, al massimo, si poteva prendere una manganellata all’entrata ed una purga all’uscita dalla casa di Lussu, che in quel tempo era in via Cavour, ma manganellate ed olio di ricino io non ne ho preso mai) ero segretario giovanissimo e disordinato. In tale qualità feci parte delle squadre d’azione. Fui parte attiva nelle piazze dell’antifascismo: fui presente quando Lussu fu ferito a Monserrato all’inaugurazione del circolo giovanile di quel paese”. Comunque, tentando di sminuire la portata degli “incidenti”, probabilmente

L’episodio dello scontro tra i giovani sardisti monserratini e i fascisti del 10 Settembre del 1922 è ben rappresentato in un grande dipinto opera dell’artista monserratino Gianni Argiolas intitolato “Libertadi” che fu donato dallo stesso artista alla sezione del PCI di Monserrato nel 1990 e che è rimasto collocato presso la sede del Partito Democratico in Via 31 Marzo 1943. Il fatto, che ha ispirato il dipinto e le persone che vi furono protagoniste, era stato raccontato, evidentemente con particolari, da un anziano monserratino che vi aveva preso parte quando aveva appena 13 anni, Ambrogio Lai.

La foto a colori del dipinto, l’episodio che lo ha ispirato e le persone che vi sono raffigurate sono contenuti nel libro di Pietro Picciau “Storia e immagini – Itinerari artistici di Gianni Argiolas” con un’ampia e circostanziata spiegazione.

In alto, ben in evidenza, sono raffigurati Emilio Lussu e Giuseppe Zuddas, che avevano partecipato all’evento, lo stesso Ambrogio Lai, di cui si intravede solo la parte superiore del viso, in particolare gli occhi che osservano la scena, e, ancora, con licenza artistica, Antonio Gramsci, che materialmente non era presente all’episodio ma che sicuramente ne era a conoscenza. L’artista l’ha voluto onorare come grande intellettuale sardo e italiano che ha pagato con il carcere e con la vita la sua opposizione al fascismo. Al centro si erge imponente la figura di Marcello Badas, macellaio di Monserrato, che è raffigurato mentre tiene fermi due fascisti e li percuote. Ai lati sono raffigurati Emanuele Spiga, che sarà incarcerato dal fascismo e di cui leggeremo la scheda, Peppino Mascia e Lorenzo Putzu, sardisti fedelissimi di Emilio Lussu. L’artista ha inserito anche due persone, Giovanna Onnis e Antonino Tinti, come omaggio e riconoscimento dato che non potevano essere presenti nel 1922 perché erano ragazzina e bambino di pochi anni.

A Giovanna Onnis – per essere stata antifascista dall’inizio degli anni ’40 e per il suo impegno politico e sociale con il Partito Comunista Italiano e come dirigente dell’Unione Donne Italiane – e ad Antonino Tinti, perché negli anni intorno al 1938, come vedremmo, da giovane sardista lussiano si batterà fieramente contro il fascismo subendo il carcere. Il dipinto raffigura anche un grande cavallo rosso, che ricorre nelle opere di Gianni Argiolas, che scalcia i fascisti e lascia spazio libero a un uomo, una donna e i loro due bambini, raffigurati tutti nudi, che camminano sereni verso l’avvenire, un avvenire di pace dove non c’è spazio per i soprusi e la violenza.

 

 

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