Droga e appalti illeciti, dalle energie rinnovabili ai rifiuti, alimentano le infiltrazioni mafiose e l’attività di riciclaggio. Camorra e ’ndrangheta, mani sull’isola, di Antioco Fois
Da ‘La Nuova Sardegna’ 26 febbraio 2015.
La droga è il core business, gli affari legati a energie rinnovabili e rifiuti sono i canali d’ingresso nel tessuto economico sardo, le strutture turistiche opportunità di investimento per lavare il denaro sporco. Dalla mappa che la Direzione nazionale antimafia (Dna) ha tracciato nel rapporto 2015 sulla criminalità organizzata emerge una Sardegna in affari con mafie italiane e gruppi criminali esteri. Anche se sull’isola le cosche non controllano direttamente il territorio con propri emissari, la Procura antimafia segnala legami attivi con associazioni criminali meridionali, capaci di organizzare traffici illeciti, la cui gestione viene poi subappaltata a soggetti sardi. Panorama criminale. Si parla principalmente di ‘ndrangheta e camorra per identificare le matrici delle associazioni a delinquere che hanno allungato le mani sulla Sardegna. Nel panorama criminale c’è poi spazio anche per gruppi di diverse etnie e nazionalità, che usano gli scali sardi sia come capolinea che come tappa intermedia del traffico di droga, da Marocco e Spagna verso il continente. La relazione appena presentata dalla Dna, nel raccogliere i dati dal luglio 2013 al giugno 2014, segnala un fenomeno stupefacenti in preoccupante aumento, trainato “da una domanda crescente” relativa soprattutto alle periferie cittadine. Narcotraffico. È la marijuana lo stupefacente più diffuso, la cui richiesta e produzione segnano una costante ascesa. I sequestri, stando ai dati della Dda di Cagliari, sono sempre più vicini al quintale (10 kg per cocaina ed eroina) con una cospicua fetta del mercato autoprodotta nelle piantagioni estemporanee sarde di “erba”, che rischiano di finire sotto il controllo delle organizzazioni criminali. E se l’aumento dei sequestri da un lato segna l’elevato grado di attenzione delle forze dell’ordine, dall’altro “giustifica un forte allarme – si legge nella relazione – sulla estensione del mercato del narcotraffico nell’isola sarda, in cui è sempre più forte il ruolo di gruppi criminali stranieri”. Si parla nello specifico di albanesi, spagnoli, nigeriani, rumeni, colombiani. Collegamenti con etnie straniere prima sporadici, che “cominciano ad assumere connotati di stabilità strutturale” in uno scenario che vede l’ascesa di nuovi gruppi stranieri, responsabili anche dello sfruttamento della prostituzione e della tratta di esseri umani che alimenta il mercato del sesso a pagamento su strada. Le rotte. Il traffico di droga passano per Olanda e Belgio, ma soprattutto per la Spagna, attraverso soggetti colombiani operanti in territorio iberico, considerati i fornitori fissi della criminalità attiva sull’isola. Dato di novità riscontrato dai magistrati antimafia è la presenza di soggetti criminali attivi in Turchia che, “soprattutto attraverso le rotte marittime, riescono ad intrattenere rapporti con gruppi endogeni”. Le porte di ingresso della droga sono, invece, costituite dai porti e negli scali aeroportuali di Olbia, Porto Torres, Cagliari e Alghero, indicate come “vie d’accesso privilegiate dei narcotici per la Sardegna”. Il traffico di droga, che in determinate aree geografiche va in parallelo a quello di armi, ha “decisamente sostituito nel panorama delinquenziale isolano i reati di sequestro di persona”, sono le considerazioni dei magistrati antimafia, che non a caso qualche riga più in là citano il caso dell’ex ergastolano Graziano Mesina, a giudizio per traffico organizzato di stupefacenti. Il riciclaggio. Al centro delle mire delle mafie ci sono le strutture turistiche sarde, acquisite con l’intento di lavare denaro sporco in operazioni che la Procura antimafia considera “indice dell’accertata infiltrazione di interessi mafiosi nell’isola”. Esempio recente sono i sequestri di immobili “costituenti provento di operazioni di riciclaggio e di reinvestimento di capitali di verosimile illecita provenienza, anche di ingente valore, ascrivibili a personaggi risultati legati a clan camorristici casertani”. Business sospetti. E dalla zona nera della droga il business sardo delle mafie si estende fino al campo delle attività lecite, interessate da ingenti finanziamenti pubblici. Si parla principalmente delle “fonti di energia rinnovabile ovvero degli appalti dei rifiuti solidi urbani o ancora dello smaltimento dei cadaveri dei suini affetti da peste suina e delle pecore colpite dalla cosiddetta blue tongue (lingua blu ndr)”. E in tema di rinnovabili (come precedente non può che venire in mente l’affaire eolico e la P3) il rapporto della Direzione nazionale antimafia fa una valutazione inquietante, sottolineando un vizio di forma che espone il business dell’energia verde all’azione di gruppi criminali. «Il capitale che si richiede per tali attività, – si legge nella relazione – non può che essere talmente elevato da escludere, per un verso, l’imprenditoria locale e, per altro verso, da richiamare fonti finanziarie provenienti da circuiti illegali”. Insomma un tipo di business troppo costoso per i piccoli investitori, che può chiamare in causa chi muove ingenti capitali che necessitano di essere ripuliti.